Se la risposta a questa domanda è sì, sappi che hai appena “stretto la mano” alla nostra nemica Fame Emotiva!
Si tratta di quella voglia di mangiare che prende, non perché si è a digiuno da diverse ore, ma perché in quel momento proviamo un’emozione negativa che ci crea disagio e sofferenza. Rabbia, ansia, noia, stress sono solo alcuni esempi di emozioni che, per essere gestite, trovano una valvola di sfogo nel cibo.
Questo è il motivo per cui le diete non ci fanno ottenere i risultati sperati: non perché siamo delle persone senza forza di volontà, delle deboli e senza alcuna possibilità di cambiare ma perché le emozioni diventano cibo. La ricerca scientifica ha infatti evidenziato che esiste una relazione tra le emozioni negative e la tendenza alle abbuffate e tra il tipo di cibo ricercato e l’emozione provata.
Per questo motivo una delle prime cose che dobbiamo imparare a fare è distinguere la fame fisiologica, o vera che dir si voglia, da quella nervosa.
La prima è infatti caratterizzata da un senso di vuoto allo stomaco accompagnata da un brontolio. Cresce piano piano è più facile da gestire e per placarla è sufficiente anche un frutto. Trattandosi di un bisogno concreto del corpo, si esaurisce una volta raggiunto un senso di pienezza (regola di stop). La fame emotiva invece, pur non corrispondendo a vere e proprie sensazioni fisiche, si caratterizza per una sensazione di tensione diffusa in tutto il corpo e ad un leggere pizzicore alla gola. A differenza della fame fisiologica, quella emotiva ci porta a mangiare in modo automatico e veloce ed è molto più difficile da placare in quanto deriva da un bisogno psicologico. Si ricercano cibi sfiziosi, dolci, sostanziosi e veloci da raggiungere; difficilmente si riesce ad assaporare ciò che stiamo mangiando e non si raggiunge un livello di “pienezza” tale da fermarci.
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