Il DA è un fenomeno ancora poco conosciuto e che appare incomprensibile a chi non ne soffre. L’interesse verso questa patologia, anche da parte di chi non ne è coinvolto in prima persona, è sicuramente aumentato grazie a trasmissioni televisive quali ad esempio “Sepolti in casa”, che mostrano esattamente le condizioni estreme nelle quali le persone riescono a vivere, o per meglio dire sopravvivere.
E’ però nel 1947 che troviamo il primo caso di disturbo di accumulo che sconvolse l’opinione americana. I fratelli Colleyer furono trovati morti nella loro casa a tre piani a New York; l’appartamento era pieno di cose di vario genere incluso 14 pianoforti a coda, un vecchio generatore e parti di una Ford. Quando la polizia riuscì ad entrare, una volta ricavato un varco tra le montagne di oggetti accumulati, trovò Langley Collere morto schiacciato dal peso di alcuni oggetti che gli erano caduti addosso mentre stava portando da mangiare al fratello paralizzato, morto successivamente per la fame.
A partire dal 1996 che la comunità scientifica mostra un interesse sempre maggiore nei riguardi del comportamento di accumulo. E’ in questo l’anno infatti in cui Frost e Hartl dettero una definizione in termini operativi del disturbo da accumulo. E’ soltanto però nel 2013, con la pubblicazione del manuale diagnostico DSM-V, che il DA viene riconosciuto come un disturbo autonomo (Hoarding Dosorder) e viene inserito tra i disturbi correlati al Disturbo Ossessivo Compulsivo.
Tre sono gli aspetti salienti di questo disturbo:
- Acquisizione compulsiva di oggetti:le persone con questo disturbo tendono ad ammassare in casa oggetti di varia natura (oggetti di valore, spazzatura, animali); frequente è l’accumulo di giornali o libri o comunque di cose che possono aumentare la conoscenza.Gli oggetti vengono comprati oppure talvolta vengono acquisiti anche tramite furti. una forma particolare di acquisizione è lo shopping compulsivo, che sembra riguardare il 75% delle persone affette da questo disturbo.
- Incapacità di separarsi dagli oggetti posseduti: le persone con DA sono tipicamente incapaci di separarsi dagli oggetti indipendentemente dal loro reale valore. La separazione causa infatti profonda sofferenza emotiva e per tale ragione viene evitata.
- Difficoltà ad organizzare gli oggetti, il disordine: l’acquisizione eccessiva di oggetti e l’incapacità di liberarsene non sono patologici a meno che non siano accompagnati da un significativo disordine che compromette il normale funzionamento degli spazi. Nei casi più gravi il disordine impedisce l’uso di tali spazi, ostacolando lo svolgimento di attività quotidiane come cucinare, pulire, muoversi attraverso la casa o dormire.
Il DA può provare danni secondari legati all’insorgenza di malattie, a causa della scarsa igiene presente nelle abitazioni, oppure lesioni, fratture, ferite, slogature, causate dalla presenza di oggetti che impediscono i normali movimenti. Spesso l’accumulo può avere importanti ripercussioni anche sulla vita familiare e relazionale che spesso si trovano infatti a vivere un’esistenza isolata. L’imbarazzo e la sofferenza generati dal disordine possono indurre a evitare di invitare persone a casa e sono causa di frequenti liti con i familiari.
Si stima che tra il 2 e il 5% della popolazione presenti un problema di accumulo che gli causa disagio e/o problemi che interferiscono con il normale svolgimento della propria vita. In realtà è probabile che si tratti di un fenomeno sottostimato visto che raramente chi accumula chiede aiuto e riconosce il disturbo. Viene vissuto in una dimensione di segretezza: chi ne soffre si vergogna, evita di parlarne, spesso si isola socialmente e evita di far entrare in casa persone estranee alla famiglia; a volte anche i familiari più stretti sono tenuti fuori.
Il comportamento di accumulo, oltre a essere un disturbo a sé, può essere di diversi altri disturbi:
- Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC): in questo caso l’accumulo è accompagnato da altri sintomi ossessivi (di solito rituali di ordine o simmetria) ed è il risultato della presenza di ossessioni e/ di sensazioni di incompletezza: buttare implica intense sensazioni di “cose non a posto” (es. “buttare un ricordo è come perdere un pezzo di me”) o intensa paura che si realizzi un qualche danno.
- Disturbo Ossessivo Compulsivo di Personalità: è uno dei tanti aspetti del carattere di una persona che è rigida, tende a collezionare, che spesso è avara, che ha difficoltà a separarsi e con i cambiamenti, che tende a pianificare tutti i dettagli della propria vita.
- Lesioni cerebrali da traumi o demenza: specifiche lesioni cerebrali sono associate ad un anomalo comportamento di accumulo, che però appare più disorganizzato, senza scopo.
- Sindrome di Diogene: in questa sindrome l’accumulo si presenta insieme a una vita in condizioni molto precarie dal punto di vista sanitario e di decoro sociale: c’è una generale trascuratezza nella cura della casa e della persona.
- Schizofrenia: in questo caso si inserisce tra i tanti comportamenti ripetitivi disfunzionali della schizofrenico, però l’accumulo si presenta più disorganizzato, non c’è legame con gli oggetti, e risponde ai farmaci antipsicotici.
- Disturbo da controllo degli impulsi: un accumulo esagerato di oggetti può essere l’esito di comportamenti impulsivi, in particolare dello shopping compulsivo a volte ci sono entrambi i disturbi).
Trattamento:
La terapia più usata nella cura del DA è quella cognitivo comportamentale che coniuga ERP con altre componenti della terapia cognitiva.
Le componenti centrali di questo trattamento sono:
- interventi focalizzati sulla motivazione al trattamento;
- skill training (ovvero addestramento a capacità come la presa di decisioni o la risoluzione di problemi);
- esposizione allo scegliere, buttare, non comprare; il paziente con l’aiuto del terapeuta impara a stare nella situazione stimolo (ad esempio davanti alla situazione “buttare un oggetto personale” oppure “non comprare qualcosa che sembra proprio una grande occasione”) e a trovare modalità alternative all’accumulo come risposta alla situazione.
- ristrutturazione cognitiva: si affrontano e modificano le convinzioni, temi personali (magari anche originati nell’infanzia) che hanno causato o mantengono il disturbo.
Lo scopo centrale del trattamento è addestrare i pazienti ad imparare a sopportare di più la sensazione di “buttare via qualcosa di importante”.