Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione

Il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) fornisce la seguente definizione dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione: “I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”.

Colpiscono soprattutto gli adolescenti (età di insorgenza varia dai 12 ai 25 anni, con un picco intorno ai 14 anni e ai 17 anni) ma negli ultimi anni si sono notati sempre più casi ad insorgenza precoce (bambini) o tardiva (adulti). I disturbi alimentari colpiscono soprattutto le persone di sesso femminile, anche se sembrano in aumento i casi nel sesso maschile.
Secondo il DSM-5 i Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione si dividono in: pica, disturbo da ruminazione, il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata.

Nello Studio Nutri la Mente mi occupo di Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e Disturbo da Alimentazione Incontrollata; questi disturbi in un’ottica dimensionale sembrerebbero condividere un comune nucleo patologico, causato e mantenuto da specifiche convinzioni disfunzionali. La caratteristica essenziale che accomuna tutti i disturbi alimentari è la presenza di una alterata percezione del peso e della propria immagine corporea (preoccupazione eccessiva per il peso, per la forma corporea e per il controllo dell’alimentazione).

Questi disturbi danneggiano molte aree della vita delle persone:

  • rapporti interpersonali (si trascurano amicizie, ci isoliamo e scegliamo attività solitarie, gli interessi si riducono, difficoltà nella vita di coppia)
  • scuola o il lavoro (difficoltà di concentrazione, di attenzione e comprensione)
  • salute fisica (complicazioni mediche)
  • funzionamento psicologico (ansia, senso di colpa, rabbia, depressione, demoralizzazione, sbalzi di umore, ecc.)

Ci sono delle evidenze sempre più crescenti che l’interruzione dei fattori di mantenimento sia necessaria per la cura dei disturbi alimentari e non a caso la terapia cognitivo comportamentale è considerata a livello mondiale l’intervento di prima scelta, dal quale non si può prescindere.

1. Anoressia nervosa (AN)

Tre sono le caratteristiche essenziali dell’Anoressia Nervosa:

  1. persistente restrizione nell’assunzione di calorie;
  2. intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi;
  3. presenza di una significativa alterazione della percezione di sé relativa al peso e alla forma del corpo.

Questa malattia colpisce ogni strato sociale con una netta prevalenza del sesso femminile (percentuale superiore al 90%); l’esordio avviene di solito durante l’adolescenza essendo questo un periodo nel quale si verificano importanti cambiamenti sia sociali che fisici. Raramente si presenta dopo i 40 anni: in tali casi l’esordio sembrerebbe collegato a un evento traumatico.

L’esordio dell’AN spesso coincide con una dieta o comunque con un tentativo di perdita di peso finalizzato al raggiungimento degli ideali di bellezza proposti dalla società moderna.
Il nucleo centrale di questo disturbo riguarda appunto l’eccessiva valutazione che la persona dà del peso, della forma del corpo e dell’alimentazione.

La caratteristica principale dell’anoressia nervosa è il rifiuto del cibo che nasce dalla forte paura di ingrassare e dalla necessità di controllare l’alimentazione. Per evitare di ingrassare la persona con AN mette in atto una serie di comportamenti tipici del disturbo quali seguire una dieta ferrea, fare esercizio fisico in maniera eccessiva, indursi il vomito dopo aver mangiato anche piccole quantità di cibo.

La forma e il peso del corpo assumono un’importanza tale da influenzare il proprio livello di autostima, condizionando tutta l’esistenza e il comportamento della persona.

Altri meccanismi di mantenimento dell’AN sono:

  • bassa autostima nucleare: forma di valutazione negativa di sé che crea senso di impotenza e sfiducia sulla possibilità di cambiare, non fa porre obiettivi di cambiamento.
  • perfezionismo clinico: valutazione di sé eccessivamente dipendente dal raggiungimento di obiettivi personali estremamente elevati in un dominio molto importante.
  • intolleranza alle emozioni:incapacità di accettare e gestire le emozioni negative. Il cibo modula l’umore.
  • problemi interpersonali: possono ad esempio riguardare l’iper-protezione dei genitori.

Trattamento AN

La cura dell’anoressia nervosa a livello ambulatoriale è possibile ed indicata solo per le pazienti che presentano una perdita di peso non allarmante (inferiore al 25%), assenza di complicazioni mediche, motivazione al cambiamento, presenza di un ambiente familiare favorevole. Nel caso in cui si ritenga necessario un ricovero ospedaliero la persona sarà messa in contatto direttamente con il centro più vicino.
La terapia cognitivo-comportamentale dell’anoressia nervosa, che mira a modificare l’idea che il peso e le forme corporee costituiscono l’unico o il principale fattore in base al quale misurare il proprio valore personale, prevede tre fasi. La prima ha come obiettivi la normalizzazione del peso e l’abbandono delle condotte di restrizione dell’assunzione del cibo, delle abbuffate e delle condotte di eliminazione. La seconda ha come obiettivi invece quelli di aumentare i livelli di autostima, ampliare la definizione di sé al di là dell’apparenza fisica, ridurre il perfezionismo e il pensiero tutto-nulla, migliorare i rapporti interpersonali. La terza ha come obiettivo quello di terminare la terapia e prevenire le ricadute.

2.Bulimia nervosa (BN)

Una persona affetta da bulimia nervosa presenta i seguenti sintomi:

  1. Ricorrenti episodi di abbuffata (caratterizzate dal consumo di grandi quantità di cibo e dalla sensazione di perdere il controllo sull’atto di mangiare);
  2. Ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso (Vomito auto-indotto, uso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva);
  3. Livelli di autostima influenzati dalla forma e dal peso del corpo.

Per giustificare la diagnosi di BN è necessario che le abbuffate si verifichino minimo una volta a settimana per almeno tre mesi.

La BN di solito esordisce in adolescenza o nella prima età adulta ed è molto più frequente in soggetti di sesso femminile.

La caratteristica principale della bulimia nervosa è un circolo vizioso che tende ad autoperpetrarsi: preoccupazione per il peso, dieta ferrea, abbuffate e condotte di compenso. La dieta ferrea aumenta la probabilità e la frequenza delle abbuffate mentre quest’ultime aumentano la probabilità del vomito o di altre condotte eliminatorie e così via.

Tra i fattori scatenanti le abbuffate c’è il seguire una dieta estremamente rigida che porta inevitabilmente la persona a compiere piccole trasgressioni, che vengono vissute come una irrimediabile perdita di controllo. Le abbuffate in una prima fase possono dare piacere perché allentano la tensione del dover seguire in modo ferreo la dieta, col passare del tempo determinano però emozioni negative (paura di ingrassare, senso di colpa, vergogna, disgusto) che a loro volta possono innescare nuove abbuffate, alimentando il circolo vizioso che mantiene i sintomi della bulimia.

I soggetti con bulimia nervosa tipicamente si vergognano delle loro abitudini alimentari e tentano di nasconderle; le crisi bulimiche avvengono infatti in solitudine e quanto più segretamente possibile. L’abbuffata spesso continua finché la persona non si sente “così pieno da star male”.

Trattamento BN

Per la cura della BN è necessario ricorrere ad un percorso psicoterapeutico mirato.
Il trattamento prevede tre fasi per una durata complessiva di almeno sei mesi; la prima fase ha come obiettivo quello di normalizzare il comportamento alimentare (recuperare accettabili attitudini nei riguardi del cibo e modificare la convinzione che il peso costituisca l’unico o il principale fattore in base al quale valutare il proprio valore personale). Perché ciò sia possibile è necessario interrompere il circolo vizioso dieta-abbuffata-vomito. La seconda fase mira a rendere stabile il comportamento alimentare attraverso la normalizzazione delle porzioni e la scelta della qualità degli alimenti, e a ridurre l’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme corporee connessa ai sintomi della bulimia. La terza fase prevede l’applicazione di procedure finalizzate a prevenire le ricadute, a mantenere i risultati raggiunti durante il trattamento e alla preparazione della fine della terapia così da aiutare il paziente a fronteggiare le situazioni critiche.

3. Disturbo da alimentazione incontrollata.

Secondo il DSM V il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI) è caratterizzato da ricorrenti episodi di abbuffata che devono verificarsi almeno una volta a settimana per tre mesi. L’episodio di abbuffata è definito come il mangiare in un determinato periodo di tempo (in genere meno di due ore) una quantità di cibo significativamente superiore rispetto a quanto la maggior parte degli individui riuscirebbe a mangiare nello stesso tempo e in circostanze simili. Durante l’abbuffata la persona:

  • ha la sensazione di perdere il controllo (non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando);
  • mangia più velocemente rispetto a quanto faccia di solito;
  • mangia fino a sentirsi sgradevolmente piena;
  • mangia da sola a causa dell’imbarazzo provato per la quantità di cibo che riesce a mangiare;
  • prova disgusto verso se stessa, depressione o senso di colpa.

Nei soggetti con DAI, a differenza della persone affette da bulimia nervosa, non sono presenti meccanismi di compenso.

Chi soffre di DAI considera il cibo come un alleato scomodo: capace per esempio di consolare nel breve tempo momenti tristi ma che a lungo termine lascia dietro di sé senso di colpa e depressione. Prevale un senso di passività, di sconforto e di ineluttabilità del proprio destino di obeso.

Tra i fattori scatenanti e di mantenimento un ruolo importante sembrerebbe giocato dalle emozioni negative (ansia, rabbia, disperazione, noia, ecc.). Ogni persona è chiaramente più vulnerabile a una piuttosto che a un’altra, ma il comune denominatore è che questi stati d’animo negativi superano la soglia soggettiva di tolleranza scatenando così l’abbuffata.

I pazienti con DAI mostrano spesso difficoltà relazionali e di coppia: sentirsi soli e abbandonati, credere di non aver alcun valore per gli altri a causa del proprio senso di inadeguatezza e di scarsa autostima induce la persona a ricercare conforto nel cibo.

Il desiderio di mangiare viene vissuto come un impulso irrefrenabile placabile solo con il cibo che travolge i propositi e la volontà. Così una paziente descriveva questo momento: “la mente va lì e devo mangiare per forza altrimenti sto male. Mi iniziano a tremare le mani e mi sento molto agitata fin quando non inizio a mangiare”.

E’ presente una difficoltà a distinguere sensazioni ed emozioni: il senso di pienezza conseguente all’abbuffata è percepito infatti come un’intensa emozione capace di cancellare il precedente disagio provato. In taluni casi l’abbuffata rende tollerabile ciò che non lo è, come ad esempio una relazione affettiva insoddisfacente o un rapporto familiare difficile.

I pazienti con DAI non apprezzano il proprio corpo ma anzi lo considerano come un impaccio. Provano vergogna per il proprio aspetto e per questo tendono i isolarsi convinti che gli altri lo giudichino negativamente solo perché obeso (“che esco a fare? tanto lo so che appena sono fuori gli altri mi guardano e mi prendono in giro… per non parlare poi se sono in compagnia di altre persone come me!”).

E’ presente inoltre una condizione di sovrappeso o di obesità che determina un marcato disagio e bassa autostima. Spesso sono presenti complicazioni mediche secondarie al grado di obesità come ad esempio il diabete melato, malattie cardiovascolari, apnee notturne, ipertensione arteriosa.

Percorso terapeutico

Gli obiettivi principali del percorso terapeutico cognitivo comportamentale riguardano: la modificazione dello schema di autovalutazione in base al controllo di peso, forme e cibo, la normalizzazione del peso e del comportamento alimentare, il prevenire la ricaduta, il migliorare l’autostima, lo sviluppare capacità assertive di riconoscimento validazione ed espressione di bisogni ed emozioni.

Clicca per approfondire – “Nutri la mente – percorsi nutrizionali”

Mini memoriale di una paziente – Clicca per leggere

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