Sport e Disturbi del Comportamento Alimentare. L’importanza del ruolo dell’allenatore

Sport e Disturbi del Comportamento Alimentare. L’importanza del ruolo dell’allenatore

Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che lo sport ha una ripercussione positiva sia per il benessere fisico che per il benessere mentale.
Tuttavia lo sport, particolarmente in età adolescenziale e se praticato ad alti livelli, può rappresentare anche un fattore di rischio per lo sviluppo dei disturbi del comportamento alimentare, quali ad esempio anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata.
Il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) fornisce la seguente definizione dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione: “I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”.
La caratteristica essenziale che accomuna tutti i disturbi alimentari è la presenza di un’alterata percezione del peso e della propria immagine corporea (preoccupazione eccessiva per il peso, per la forma corporea e per il controllo dell’alimentazione).
Questi disturbi danneggiano molte aree della vita delle persone tra cui ad esempio i rapporti interpersonali (si trascurano amicizie, ci isoliamo e scegliamo attività solitarie, gli interessi si riducono, difficoltà nella vita di coppia), la scuola o il lavoro (difficoltà di concentrazione, di attenzione e comprensione), la salute fisica (complicazioni mediche) e il funzionamento psicologico (ansia, senso di colpa, rabbia, depressione, demoralizzazione, sbalzi di umore, ecc.).
Nella popolazione generale questi disturbi si riscontrano soprattutto tra gli adolescenti di età compresa tra i 12 e i 25 anni, con un picco intorno ai 14/17 anni, anche se negli ultimi anni si sono notati sempre più casi ad insorgenza precoce (bambini) o tardiva (adulti). I disturbi alimentari colpiscono soprattutto le persone di sesso femminile ma sembrano in aumento i casi nel sesso maschile.
Inoltre negli ultimi anni è stata evidenziata una maggiore incidenza dei disturbi alimentari tra gli atleti, in particolare quelli di élite, rispetto ai non atleti. Sport quali ad esempio ginnastica artistica, danza, pattinaggio artistico, tuffi dal trampolino, ciclismo e atletica enfatizzano la magrezza e richiedono un fisico snello e leggero per raggiungere performance adeguate.
Spesso gli atleti per controllare il peso corporeo fanno uso di metodi non salutari: pasti irregolari, assenza di carni, carboidrati o prodotti caseari nella dieta, ricorso a diete d’urto, digiuni, lassativi e diuretici sono alcuni esempi. Inoltre caratteristiche quali la determinazione, la carica atletica, il perfezionismo, la competitività e la voglia di allenarsi non devono essere confusi con atteggiamenti di coerenza con la tipologia dell’attività sportiva. Si tratta infatti di fattori che possono incrementare il rischio di sviluppare disordini alimentari.
Tra i disturbi del comportamento alimentare che maggiormente si riscontrano in tale ambiente possiamo individuare l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata. Negli ultimi anni è stata posta enfasi anche sulla triade atletica, sull’anoressia atletica e sulla dismorfofobia muscolare.
La figura dell’allenatore, soprattutto quando si ha a che fare con adolescenti tra gli 11 e 15 anni, riveste un ruolo molto importante: essendo un punto di riferimento deve essere opportunamente formato su tale argomento per essere capace di individuare precocemente eventuali segnali che indicano la presenza dei disturbi del comportamento alimentare.
In tutti gli sport l’allenatore è una figura basilare sia per la preparazione fisica dell’atleta sia per il supporto psicologico di cui ogni sportivo sente la necessità. È contemporaneamente un tecnico, un organizzatore, un leader e un educatore.
In qualità di tecnico, non solo insegna la dinamica del gesto e dell’azione propri di una disciplina, ma studia e programma le tabelle di preparazione e predispone strategie e tattiche. Il modo in cui lo svolge dipende dall’esperienza, dalla competenza, dalla formazione e dalle abilità acquisite in campo sportivo.
In qualità di organizzatore ha il compito di promuovere la partecipazione sportiva, di organizzare la vita dei propri atleti, di conoscere le loro interazioni emotive e sociali, di coordinarle sotto il profilo tecnico, di intervenire nella struttura della squadra (anche negli sport individuali) orientandola verso il compito agonistico e ridimensionare eventuali conflitti interni al gruppo degli atleti di una società sportiva.
Essendo un leader dovrà ad esempio essere per i suoi atleti un ideale e un modello da seguire e un centro attorno al quale il gruppo formi la sua unità e la sua coesione. Dovrà rappresentare il gruppo e difenderne gli interessi ed il prestigio nei rapporti con l’esterno, salvaguardare le relazioni interpersonali dei membri.
Ruolo non meno importante è quello di educatore; a tal proposito è necessario che l’allenatore conosca la realtà individuale di ogni atleta, compresi i problemi, i sentimenti, il passato e le aspirazioni. L’intervento educativo potrà così essere direttamente proporzionale alle loro realtà personali, alle loro caratteristiche, potrà pertanto essere proficuo e positivo, e non inefficace o negativo. È evidente però che a tal fine è necessario un rapporto continuo tra allenatore ed atleta, un rapporto che non si limiti agli incontri di allenamento ma che ne abbracci tutti i momenti di vita. Si deve creare cioè un rapporto basato sulla fiducia reciproca che assicuri all’atleta di avere sempre a disposizione una persona che sarà pronta ad aiutarlo nei casi in cui ne ha bisogno, perché gli vuole bene e vuole il suo bene. L’allenatore deve favorire uno sviluppo equilibrato dell’atleta: non solo preparatore della buona forma fisica ma anche della salute psicologica dell’atleta.
Tutti gli allenatori e in particolare coloro che lavorano con atleti che praticano sport che prevedono un elevato controllo del peso devono ricevere un’adeguata formazione per ciò che concerne i disturbi del comportamento alimentare. Il rischio di sviluppare tale problema sembra maggiore in specifici ambienti, quali ad esempio ginnastica artistica o ritmica, pattinaggio, sport di resistenza, ciclismo, maratona, equitazione, e a livelli di competitività elevati.
I fattori di rischio individuati sono: pressione alla performance, competitività e un livello di stress percepito maggiore. Nel mondo dello sport, così come nella popolazione generale, le atlete sembrano essere sottoposte a maggiori pressioni per il controllo del peso; questo può talvolta spingerle a controllare il proprio peso con metodi non salutari come ad esempio uso di lassativi o diuretici, diete particolarmente restrittive e uso di comportamenti di compenso come ad esempio il vomito auto indotto.
L’allenatore, così come tutto il personale sportivo, deve essere consapevole di quanto sia importante il suo ruolo in termini di prevenzione: riconoscere tempestivamente la presenza di segnali tipici dei DCA, dei principali fattori di rischio psicologico, quali ad esempio ansia, depressione, perfezionismo clinico, insoddisfazione corporea, è determinante per la salute del proprio atleta. L’allenatore deve insegnare l’importanza di seguire una dieta corretta ed evidenziare quanto invece è pericolosa la malnutrizione negli atleti, anche in termini di prestazione.
Conoscere questi aspetti fa sì che le caratteristiche tipiche dei DCA non vengano scambiate con le caratteristiche del “nostro atleta ideale”. Magrezza non sempre è sinonimo di essere più in forma o più belli né tanto meno di essere più prestazionali. L’attenzione deve essere canalizzata su altri aspetti fisici quali ad esempio la fluidità, velocità, potenza del gesto atletico piuttosto che sul peso e sulle forme corporee.
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Il maggior pericolo nella vita consiste nel prendere troppe precauzioni
Alfred Adler

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